Federico Garibaldi e la capacita’ di ricostruire sensazioni attraverso uno scatto

Maggio 20, 2020 · Press · 0 comments
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R!FLESSO, Luglio 2016
Di Carlo Timio

Spinto da un amore innato verso il mondo della fotografia – che inizialmente era ancora sopito, ma per certi versi apparteneva già al suo patrimonio genetico – Federico Garibaldi riesce a trasmettere emozioni con il suo stile inconfondibile, emotivo e narrativo. Una continua ricerca fatta di speculazioni attraverso un percorso immaginifico che dal tattile si trasforma in onirico, sublimando l’essenza dell’esprimere le proprie emozioni e del raccontarsi in modo artistico e criptico.

Federico Garibaldi, il suo percorso professionale nasce come art director in numerosi brand commerciali, in cosa consisteva la sua attività?

“Era una normale attività di art direction. Immaginavo un progetto, e cercavo di dargli vita. Prima su carta, poi nel mondo. La normale traduzione in essere di un’idea, attraversando la scelta degli interpreti e dei mezzi espressivi. Presupponeva indagine interiore e alta capacità di dialogo con chi era coinvolto nel progetto”.

Poi avviene il passaggio nel mondo della moda e dei magazine. Di cosa si è occupato nello specifico?

“Non è stato uno stravolgimento. È stata semmai la maturazione del mio desiderio di raccontare. L’art direction di un magazine richiede un atteggiamento profondamente progettuale. Si sceglie un tema, e se ne ipotizzano gli interpreti migliori. Poi si dialoga con tutti loro, e si sceglie di raccontare i capitoli di una storia. Sinteticamente, funziona così”.

L’amore per la fotografia quando nasce e oggi come si profila?

“L’amore per la fotografia credo sia nato molto presto. Ma in modo inconsapevole. Da bambino guardavo mio nonno montare i film-(ini) delle vacanze. Lo faceva in modo fisico, tagliando e reincollando la pellicola. Era artigianale. Ma estremamente interessante. Poi c’erano i momenti un po’ sacrali della proiezione di quelle immagini. Le guardavamo tutti insieme, famiglia numerosa, rivivendo le domeniche sul fiume. Mi restavano addosso le sensazioni quasi fisiche di quei week-end ricostruiti con tanta pazienza. Quando, tanti anni dopo, ho preso in mano di nuovo una macchina fotografica, è stato come se riannodassi i fili di un meccanismo antico. Sopito, ma troppo intimo per essere dimenticato. Avevo nozioni imprecise, ma sufficienti per speculare con le immagini. È stato bello. Oggi mi ricordo esattamente di quei vagheggiamenti, che ricostruivano i ricordi e gli davano una dignità onirica e bellissima. Così, la mia fotografia cerca esattamente questo. Ricostruire delle sensazioni”.

Se dovesse descrivere il suo stile fotografico, quali attributi utilizzerebbe?

“Direi che è immaginifico, emotivo e narrativo. Poi aggiungerei che è impreciso, onirico e tattile”.

Dopo un lungo percorso tra arte, moda e fotografia, oggi le sue emozioni in quale direzioni vanno?

“Le emozioni non hanno un percorso razionale. Pretendono solo di esprimersi. Definire quello che faccio mi risulta difficile. La fotografia è certamente uno strumento che sento molto idoneo a me stesso. Non so dire se mi sento più vicino, o comunque più attratto, dalla moda o dall’arte. Mi sento attratto dal desiderio di raccontare, magari di pasticciare ciò che mi preme dire.”

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