Stile – il Giornale, Luglio 2017
di Daniela Fedi
Ha i capelli candidi, gli occhi azzurri sgranati e la faccia liscia di un’eroe dei manga. Si veste anche come un fumetto giapponese: sempre in nero, con dei buffi cappelli spesso a punta, gli anfibi anche d’estate, una via di mezzo tra il cardigan e il pastrano quando fa freddo. Per il resto Federico Garibaldi è un tipo normale ammesso non concesso che si possa definire così un uomo descrivibile solo con le parole di Carlo Emilio Gadda: “Ubiquo ai fatti e onnipresente sugli eventi relativi”. Tanto per dare un’idea è riuscito a chiedere “Uma chi?” a Uma Thurman che gli si presentava dicendo “Ciao, sono Uma” mentre lui, sotto gli occhi esterrefatti dei presenti, le avvicinava al viso il telefonino. “Volevo solo fotografarle un occhio – sostiene lui – avevo notato l’azzurro da lontano e non mi ero nemmeno chiesto chi fosse quella bionda alta e bellissima”. Si potrebbero raccontare mille aneddoti del genere ma la sua miglior cifra stilistica professionale sta proprio in questa sublime capacità di astrarsi dal contesto e al tempo stesso concentrarsi sul dettaglio. Lui vede la parte per il tutto e viceversa fino a ottenere foto d’arte che a volte contengono la stessa furia cinetica di un’opera futurista ma in altri casi catturano quel che Confucio chiama SHEN, l’istante trasformatore. Garibaldi detto “Waribold” nasce a Chiavari nel fatidico ’68 ma se gli dici che nel 2018 entra nei 50 anni non ci crede. Cresce in Liguria, ma anche se adora la sua terra (e il mare, la focaccia, le partite di calcio con gli amici, il tempo passato con sua madre e sua sorella) è il classico tipo che sta bene ovunque. Subito dopo il liceo approda alla Normale di Pisa come studente di giurisprudenza ma ben presto si trasferisce a New York dove comincia a lavorare come art director in un’agenzia di pubblicità. Intorno al 2000 capisce che il suo destino è fotografare, il modo migliore per dare un’immagine ai suoi pensieri. Nei primi dieci anni del terzo millennio scopre anche la moda e collabora con importanti riviste e clienti, fra cui: Vogue Italia, Vogue Russia, Muse Magazine, Schon!, L’autre Magazine, Essen Taste, Lucio Costa, ADIDAS, Canon. Nel 2006 il colosso dell’industria farmaceutica Sanofi-Aventis gli chiede di raccontare “in versi” il mondo della scienza, Ne nascono immagini potenti che da lì a poco verranno esibite al Palazzo Ducale di Genova, in occasione, appunto, del Festival della Scienza. Il lavoro ha una tale eco che il Governo Malesiano lo invita a Kuala-Lumpur, per raccontare i sapori di quella terra in grande sviluppo. Nel 2012 la Triennale di Milano ospita il suo lavoro all’interno di una prestigiosa mostra collettiva. Le sue immagini sono tratte dalla serie “Il rumore del Sale” e raccontano del lavoro dei pescatori liguri, durante le notti passate alla luce delle lampare. In quello stesso anno rende un piccolo omaggio anche al mondo della moda, esibendo presso lo Spazio Grifoni alcune immagini tratte dalla serie “Junk food”. Nel 2013 arriva la sua prima personale, intitolata “Dokumenta” e recensita perfino dal Wall Street Journal e da Art Tribune. Un anno dopo è la volta di “Un viaggio: dialogo spazio-tempo”, la sua seconda personale. La terza,“BlueShores” è dell’estate scorsa ma è stata presentata di nuovo il mese scorso nel Duomo di Massa. Agli americani che cercano il suo nome in Internet e trovano una marea di documenti sull’eroe dei due mondi spiritosamente dice “Sono più famoso di Meisel”. Per poi aggiungere “Certo mi chiamassi Napoleone….”